The proper "manual" translation


Le straordinarie avventure di

Arsenio Lupin, ladro gentiluomo

Di Maurice Leblanc

Dinner Commotion

Traduzione dall'inglese a cura di Chiara LoQAce Di Modica

Tenniel, John https://www.oldbookillustrations.com/illustrations/love-idleness/

eBook de "Le straordinarie avventure di Arsenio Lupin, ladro gentiluomo", da Progetto Gutemberg

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Titolo: Le straordinarie avventure di Arsenio Lupin, ladro gentiluomo
Autore: Maurice Leblanc
Data di pubblicazione: 1° luglio 2004 [eBook #6133]
Ultimo aggiornamento: 8 aprile 2023
Lingua: Italiano
Riconoscimenti: Localizzazione a cura di Chiara Di Modica per LocJAM Crime Story, ideata da Alain Delle Piane.
La presente traduzione in italiano a cura di Chiara Di Modica è concessa sotto licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International License. Le illustrazioni presenti in quest'opera provengono dal sito oldbookillustrations.com. Sono ritenute di pubblico dominio negli Stati Uniti d'America e in altri Paesi in quanto provenienti da libri o documenti il cui copyright, in tali luoghi, è scaduto.

L'arresto di Arsenio Lupin

Fu uno strano epilogo per un viaggio cominciato nel modo più promettente. Il piroscafo transatlantico "La Provenza" era una nave elegante e dotata di tutti i comfort, capitanata da un uomo estremamente affabile. I passeggeri erano composti da membri della società selezionati e distinti. La possibilità di fare nuove conoscenze e i divertimenti estemporanei rendevano più lieto il trascorrere del tempo. Adoravamo la piacevole sensazione di trovarci a distanza dal mondo, quasi fossimo gli abitanti di un'isola sconosciuta, costretti di conseguenza a mostrarci socievoli l'un l'altro.

Vi siete mai soffermati a riflettere sull'originalità e la spontaneità che scaturiscono da questi numerosi individui che, sconosciuti soltanto la sera prima, si ritrovano per i giorni successivi a condurre forzatamente una vita all'insegna dell'intimità, sfidando l'ira degli oceani, le temibili raffiche delle onde, la violenza della tempesta e l'agonica monotonia delle acque chete e sonnolente? Una tale vita diventa una sorta di tragica esistenza, con le proprie tempeste e magnificenze, le sue diversità e monotonie, ed è forse proprio per questo che ci imbarchiamo in codesti brevi viaggi con l'animo pervaso al contempo da un senso di piacere e timore.

Ma, nel corso degli ultimi anni, si è aggiunta una nuova sensazione alla vita dei passeggeri dei transatlantici. La piccola isola galleggiante è oggigiorno collegata al mondo da cui un tempo era completamente isolata. Un legame li unisce, oramai, finanche nei remoti recessi dell'Oceano Atlantico. Questo legame si chiama "telegrafo senza fili", e consente di ricevere aggiornamenti in maniera estremamente misteriosa. Sappiamo tutti che il messaggio non è trasportato a mezzo di cavi. Pertanto, il mistero è ancor più inesplicabile, ancor più romantico, ed è necessario far ricorso a fluttuanti onde invisibili per poter spiegare tale miracolo. Durante i primi giorni di viaggio, abbiamo avvertito la costante presenza di una scorta, talvolta finanche guida, sotto forma di una distante voce che, di tanto in tanto, ci sussurrava laconiche parole da distanti mondi alla deriva. Io parlai con due dei miei amici. Una decina o ventina di altre persone inviarono parole di gioia o di commiato ad altri passeggeri.

Cinquecento miglia ci separavano ormai dalla costa francese quando, al secondo giorno di viaggio, fummo sorpresi da una violenta tempesta e dal seguente messaggio, via telegrafo senza fili:

"Arsenio Lupin si trova sul vostro battello, prima classe, biondo, ferita avambraccio destro, viaggia in solitaria sotto il nome di R......"

Sul più bello, un impressionante fulmine squarciò il cielo tempestoso. Le onde radio subirono un'interruzione. Il resto del messaggio non giunse mai. Arsenio Lupin si celava dietro un nome di cui non conoscevamo che l'iniziale.

Si fosse trattato di un altro soggetto, sono certo che il segreto sarebbe stato gelosamente custodito sia dal telegrafista che dagli altri ufficiali della nave. Ma si trattò di un evento che - in maniera calcolata - sfuggì alla discrezione più rigorosa. Il giorno stesso, nessuno sa come, l'incidente fu sulla bocca di tutti, e ogni passeggero scoprì che il famigerato Arsenio Lupin si nascondeva tra noi.

Arsenio Lupin era a bordo! Lo scapestrato ladro le cui imprese, negli ultimi mesi, erano più volte assurte agli onori della cronaca! Il misterioso individuo con cui Ganimard, il nostro investigatore più avveduto, aveva intrapreso rocamboleschi inseguimenti tra i più suggestivi scenari. Arsenio Lupin, l'eccentrico gentiluomo che opera soltanto nei castelli e nei saloni e che, una notte, si intrufolò nel maniero del barone Schormann per poi andarsene a mani vuote, lasciando però alle sue spalle un biglietto su cui aveva annotato le seguenti parole: "Arsenio Lupin, ladro gentiluomo; sarò di ritorno quando il mobilio sarà autentico." Arsenio Lupin, l'uomo dai mille volti: ora un autista, ora un investigatore, poi allibratore, dottore russo, matador spagnolo, messo viaggiatore, giovine vigoroso o vecchio decrepito.

Considerate quindi la situazione: Arsenio Lupin si aggirava limitato soltanto dai confini di un piroscafo transatlantico, in quel preciso remoto angolo del mondo, in quel salone, in quella sala fumatori, in quella sala da musica! Arsenio Lupin poteva essere questo o quel gentiluomo... il mio commensale... il mio vicino di cabina...

"E questa condizione si protrarrà per ben cinque giorni!", esclamò la signorina Nelly Underdow, al mattino seguente. "È una situazione insopportabile! Spero che lo arrestino."

Poi, rivolgendosi al sottoscritto, aggiunse:

"E voi, signor d'Andrézy, che siete in buoni rapporti con il capitano, saprete di certo qualcosa..."

Potevo ritenermi fortunato a possedere informazioni che intrigassero la signorina Nelly. Si trattava di una di quelle leggiadre creature che inevitabilmente accentrano l'attenzione di tutti, in qualsiasi raduno. L'agiatezza e la bellezza costituiscono una combinazione irresistibile, e Nelly possedeva entrambe.

Cresciuta a Parigi sotto le cure di una madre francese, era in viaggio per rendere visita a suo padre, il noto Underdown, milionario di Chicago. Si accompagnava a una delle sue amiche, la signora Jerland.

Inizialmente decisi di corteggiarla apertamente ma, con la crescente intimità insinuatasi durante il viaggio, fui presto colpito dai suoi affascinanti modi e i miei sentimenti per lei si fecero troppo profondi e rispettosi per un banale tentativo di seduzione. Inoltre, sembrava accettare le mie attenzioni di buon grado. Rideva di gusto alle mie boutade e si dimostrava interessata ai miei racconti. Eppure, mi sentivo minacciato dalla presenza di un giovanotto silenzioso dai gusti raffinati, e talvolta mi sorprendeva di vederla maggiormente attratta dal suo taciturno senso dell'umorismo che dalla mia leggerezza parigina. La sera in cui la signorina Nelly mi rivolse la domanda sopramenzionata, quel giovane faceva parte degli spasimanti che la circondavano. Eravamo tutti comodamente seduti sul ponte. La tempesta del giorno innanzi aveva spazzato il cielo. Il tempo era splendido.

"Non posseggo conoscenze specifiche, signorina", risposi, "ma non saremmo forse in grado di indagare su questo mistero tanto quanto l'investigatore Ganimard, nemico personale di Arsenio Lupin?"

"Oh! Oh! Procedete di gran carriera, signore."

"Affatto, signorina." In primo luogo, mi permetta, le sembra forse un caso complicato?"

"Molto complicato."

"Ha forse dimenticato la chiave della soluzione, in nostro possesso?"

"Quale chiave?"

"In primo luogo, Lupin si fa chiamare signor R______."

"Un'informazione piuttosto vaga", rispose.

"Secondo poi, viaggia in solitaria."

"E questo le è forse d'aiuto?", mi domandò.

"Inoltre, è biondo."

"E dunque?"

"Dobbiamo soltanto avvalerci della lista dei passeggeri e procedere tramite un processo d'eliminazione."

La suddetta lista era nella mia tasca. La estrassi e la scorsi. In seguito, chiosai:

"Vedo che soltanto tredici tra i nomi dei passeggeri cominciano con la lettera R."

"Soltanto tredici?"

"Esatto, in prima classe. E di questi tredici vedo che nove sono accompagnati da donne, bambini o servitù. Il che ci lascia soltanto quattro viaggiatori solitari. Per cominciare, il marchese de' Raverdan."

"Segretario dell'ambasciata americana", mi interruppe la signorina Nelly. "Lo conosco."

"Il maggiore Rawson", continuai.

"Si tratta di mio zio", aggiunse qualcuno.

"Il sig. Rivolta."

"Sono io!", esclamò un italiano, il volto nascosto dietro una folta barba scura.

La signorina Nelly scoppiò in una fragorosa risata ed esclamò: "Quel signore difficilmente può essere definito biondo."

"Molto bene, dunque", dissi; "siamo costretti ad assumere che il colpevole sia l'ultimo della lista."

"Come si chiama?"

"Sig. Rozaine. Qualcuno lo conosce?"

Nessuno rispose. Ma la signorina Nelly si voltò verso il giovane taciturno, le cui attenzioni nei confronti di lei tanto mi innervosivano, e disse:

"Ebbene, signor Rozaine, perché non rispondete?"

Tutti gli sguardi si rivolsero verso di lui. Era biondo. Devo ammettere ch'io stesso fui colto di sorpresa, e che il lungo silenzio che seguì la sua domanda non poteva che indicare una certa sensazione di allarme da parte dei presenti. Tuttavia, l'idea sembrava poco plausibile, dal momento che il signore in questione appariva perfettamente innocente.

"Per quale motivo non rispondo?", chiese. "Perché, a giudicare dal mio nome, dalla mia condizione di viaggiatore solo e dal colore dei miei capelli, io stesso sono giunto alla medesima conclusione e penso che dovrei essere arrestato." Pronunciando queste parole, il suo aspetto si fece singolare;

le sue labbra fine si serrarono più che d'abitudine, e il suo volto assunse un colorito pallido, gli occhi iniettati di sangue. Ovviamente stava scherzando, eppure le sue sembianze e il suo atteggiamento ci colpirono particolarmente.

"Ma voi non siete ferito, giusto?", chiese ingenuamente la signorina Nelly.

"Esatto", rispose, "non ho alcuna ferita."

Al che, arrotolò la manica, slacciando il polsino, per mostrarci il braccio. Ma il suo gesto non m'ingannò. Ci aveva mostrato il suo braccio sinistro, ed ero sul punto di fargli notare l'errore, quando un altro contrattempo ci distrasse. La signora Jerland, amica della signorina Nelly, ci venne incontro correndo, in stato di evidente agitazione, esclamando:

"I miei gioielli! Le mie perle! Qualcuno li ha rubati!"

No, come presto scoprimmo non erano stati rubati. Il ladro ne aveva prelevata solo una parte, una circostanza alquanto bizzarra. Di tutti gli scintillanti diamanti, i ciondoli preziosi, i bracciali e le collane, il ladro aveva sottratto non i più grandi, ma i più raffinati e pregiati. I castoni giacevano sul tavolo. Erano lì, privi dei rispettivi gioielli, quali fiori i cui i variopinti petali fossero stati frettolosamente strappati. Il furto doveva essere avvenuto durante la pausa per il tè della signora Jerland, alla luce del sole, in una cabina lungo un corridoio molto frequentato; inoltre, il ladro aveva dovuto forzare la porta della cabina, frugare la stanza in cerca del portagioie, nascosto sul fondo di una cappelliera, aprirlo, selezionare il bottino e rimuoverlo dai castoni.

Ovviamente, tutti i passeggeri giunsero immediatamente alla medesima conclusione; era opera di Arseno Lupin.

Quella sera, a cena, i posti accanto al signor Rozaine restarono vuoti e, durante la serata, girò voce che il capitano lo avesse posto in stato di arresto; informazione che riportò una sensazione di sicurezza e serenità. Potemmo pertanto tirare un respiro di sollievo. Quella sera, riprendemmo le attività di svago e le danze. In particolare, la signorina Nelly mostrava una qual certa spensieratezza che mi indusse a pensare che, se in un primo momento aveva apprezzato le attenzioni del signor Rozaine, ormai l'aveva già dimenticate. Il suo fascino e il suo buonumore portarono a termine la mia conquista. A mezzanotte, sotto il chiarore della luna, le dichiarai la mia devozione con un ardore ch'ella non sembrò disdegnare.

Tuttavia, con nostro sommo sbigottimento, il giorno seguente Rozaine era nuovamente in libertà. Scoprimmo che le prove a suo carico non erano sufficienti. I documenti che aveva fornito erano perfettamente in regola, e indicavano che fosse il figlio di un ricco mercante di Bordeaux. Dopotutto, il suo braccio non mostrava alcuna traccia di ferite.

"Documenti! Certificato di nascita!", esclamarono i detrattori di Rozaine, "Figurarsi, Arsenio Lupin sarebbe in grado di fornine a bizzeffe! E in quanto alla ferita, potrebbe non averla mai avuta, o averla rimossa."

Infine, fu provato che all'ora del furto Rozaine stava facendo un giro sul ponte. I suoi detrattori obiettarono comunque che un uomo come Arsenio Lupin sarebbe stato in grado di mettere a segno un colpo senza essere fisicamente presente. Ciononostante, restava una domanda a cui, al netto di tutte le circostanze, neanche i più scettici riuscivano a rispondere: "Chi, eccezion fatta per Rozaine, era in viaggio da solo, aveva i capelli biondi e un nome che iniziava per 'R'?" Chi, se non Rozaine, poteva essere l'oggetto del telegramma?

Quando, pochi minuti prima di colazione, Rozaine si avvicinò con audacia al nostro gruppo, la signorina Nelly e la signora Jerland si alzarono e si allontanarono.

Un'ora più tardi, venne diramata una circolare che passò di mano in mano tra marinai, assistenti e passeggeri di tutte le classi. Vi si leggeva che il sig. Louis Rozaine offriva una ricompensa di diecimila franchi a chiunque avesse scoperto Arsenio Lupin o la persona in possesso dei gioielli rubati.

"E, se nessuno sarà in grado di aiutarmi, sarò io stesso a smascherare il furfante", dichiarò Rozaine.

Rozaine contro Arsenio Lupin, o meglio, secondo alcuni, Arsenio Lupin stesso contro Arsenio Lupin; la questione si faceva intrigante.

Per i due giorni successivi, non ci fu alcuna evoluzione. Vedemmo Rozaine vagare giorno e notte alle prese con ricerche, interrogatori e indagini. Il capitano, dal canto suo, non fu da meno. Ordinò di passare al setaccio l'intera nave, da poppa a prua; rovistò ogni cabina in base alla verosimile teoria che i gioielli potessero nascondersi ovunque fuorché nella stanza del ladro.

"Immagino che presto scopriranno qualcosa", mi confidò la signorina Nelly. "Potrà anche essere un mago, ma non può rendere invisibili perle e diamanti."

"Certo che no", ribadii, "ma bisognerebbe esaminare le fodere dei nostri cappelli, dei gilè e di tutto ciò che abbiamo indosso."

Poi, indicando la mia Kodak 9x12 con cui l'avevo ritratta in numerose pose, aggiunsi: "Basterebbe un dispositivo di queste dimensioni per nascondere tutti i gioielli della signora Jerland. Si potrebbe fingere di scattare foto e nessuno sospetterebbe nulla."

"Ma si dice che ogni ladro lasci degli indizi dietro sé."

"In linea di massima, è vero", risposi, "tuttavia esiste un'eccezione: Arsenio Lupin."

"Perché?"

"Perché prende in considerazione non solo il furto in sé, ma anche tutte le circostanze a esso collegate che possono ricondurre alla sua identità."

"Giorni fa sembravate più fiducioso."

"Già, ma da allora ho avuto modo di vederlo all'opera."

"E cosa ne pensate, ora?", mi domandò.

"In tutta onestà, temo che stiamo sprecando il nostro tempo."

E, in effetti, le indagini non stavano dando alcun frutto. Nel frattempo, inoltre, era stato rubato anche l'orologio del capitano, che era andato su tutte le furie. Questi intensificò i suoi sforzi e tenne d'occhio Rozaine ancor più di quanto non avesse già fatto. Ma, il giorno seguente, l'orologio fu ritrovato nella scatola per colletti del secondo ufficiale.

L'incidente causò un certo stupore generale, e mise in evidenza il senso dell'umorismo di Arsenio Lupin; ladro, di certo, ma al contempo dilettante. Un uomo che amava unire il lavoro e il piacere. Ci ricordò di quell'autore che quasi morì di risate per la sua stessa opera. Non si può dire che non fosse un artista, nel suo campo, e ogni qualvolta mi capitava di vedere Rozaine avvilito e in disparte, mi soffermavo a pensare al suo doppio gioco e non potevo non nutrire per lui una certa ammirazione.

La sera seguente, l'ufficiale di servizio sul ponte udì dei lamenti provenire da un angolo recondito della nave. Avvicinandosi, scoprì un uomo a terra, la testa avvolta in una spessa sciarpa grigia, le mani legate assieme con una corda robusta. Si trattava di Rozaine. Era stato aggredito, atterrato e derubato. Un biglietto, appuntato sul suo cappotto, leggeva: "Arsenio Lupin accetta di buon grado i diecimila franchi offerti dal signor Rozaine." In effetti, il borsellino rubato conteneva ventimila franchi.

Come prevedibile, alcuni sospettarono che Rozaine avesse simulato la sua stessa aggressione. Ma, al di là del fatto che non sarebbe stato possibile legarsi a quel modo, fu stabilito che la grafia sul biglietto era del tutto dissimile da quella di Rozaine, e del tutto compatibile con quella di Arsenio Lupin, riscontrabile su un vecchio giornale presente a bordo.

Pertanto fu chiaro che Rozaine non era Arsenio Lupin, ma piuttosto nient'altri che Rozaine, il figlio di un mercante di Bordeaux. E, ancora una volta, la presenza di Arsenio Lupin fu confermata, e in maniera decisamente allarmante.

Lo stato di scoramento tra i passeggeri era tale che nessuno voleva restare da solo in cabina o avventurarsi in solitaria nelle zone meno frequentate della nave. Restavamo tutti assieme, come misura di precauzione. Ciononostante, anche le persone che avevano stretto una sorta di confidenza, covavano ormai una certa vicendevole diffidenza. Arsenio Lupin era, oramai, ovunque e chiunque. La nostra fervida immaginazione gli attribuiva poteri miracolosi e illimitati. Lo credevamo capace di assumere le identità più disparate; di essere ora il rispettabile maggiore Rawson, ora il nobile marchese de' Raverdan, finanche a sospettare - dal momento che non ci limitavamo più alla sola iniziale 'R' - di questa o quella persona ben nota, con o senza moglie, figli o servitù.

Le prime comunicazioni telegrafiche dall'America non recarono alcun aggiornamento, o quantomeno il capitano non ci tenne al corrente. Un silenzio per nulla rassicurante.

L'ultimo giorno a bordo del piroscafo ci sembrò non finire mai. Vivevamo nel costante terrore di un imminente disastro. Stavolta, avrebbe potuto non trattarsi di un semplice furto o di un'aggressione relativamente innocua. Avrebbe potuto essere un crimine più serio, un omicidio. Nessuno credeva che Arsenio Lupin si sarebbe limitato a quei due futili reati. Padrone incontrastato della nave, laddove le autorità erano impotenti, poteva fare ciò che più gli aggradava; i nostri averi e le nostre vite erano alla sua mercé.

Tuttavia, quelle furono le ore più piacevoli, per il sottoscritto, in quanto mi assicurai la fiducia della signorina Nelly. Profondamente scossa da quegli inquietanti eventi e di natura estremamente emotiva, cercò spontaneamente in me una protezione e una sicurezza che ero ben lieto di fornirle. Dentro di me, ringraziai Arsenio Lupin. Non era forse grazie a lui che la signorina Nelly si era avvicinata a me? Grazie a lui, ora potevo concedermi piacevoli sogni d'amore e felicità, sogni che, mi pareva, non fossero disdegnati dalla signorina Nelly. Era il sorriso nei suoi occhi a concedermi quei sogni; la sua voce suadente era foriera di speranza.

Avvicinandoci alle coste americane, sembrò che la ricerca attiva del colpevole fosse stata abbandonata, ed eravamo tutti in spasmodica atteesa della risoluzione del misterioso enigma. Chi era Arsenio Lupin? Dietro quale nome e identità si nascondeva il famigerato Arsenio Lupin? E infine, il momento tanto atteso arrivò. Vivessi anche cent'anni, mai potrei dimenticare neanche il più piccolo dettaglio.

"Siete molto pallida, signorina Nelly", dissi alla mia compagna di viaggio, aggrappata al mio braccio, quasi sul punto di svenire.

"E voi?", replicò; "Oh, come siete cambiato."

"Pensateci: si tratta di un momento estremamente intrigante, e sono più che lieto di trascorrerlo con voi, signorina Nelly. Spero che di tanto in tanto i vostri ricordi vi riporteranno..."

Ma non mi ascoltava. Era visibilmente nervosa e agitata. La passerella fu agganciata ma, prima ancora che potessimo farne uso, degli agenti doganali in uniforme salirono a bordo. La signorina Nelly sussurrò:

"Non mi sorprenderebbe se ci dicessero che Arsenio Lupin è fuggito dall'imbarcazione durante il tragitto."

"Chissà, potrebbe aver preferito la morte al disonore, ed essersi tuffato nell'Atlantico per sottrarsi all'arresto."

"Oh, non ridete", aggiunse.

All'improvviso trasalii, e le risposi:

"Vedete quell'anziano signore in fondo alla passerella?"

"Con l'ombrello e un cappotto verde oliva?"

"È Ganimard."

"Ganimard?"

"Esatto, l'incensato investigatore che ha giurato di acciuffare Arsenio Lupin. Ah! Ora capisco perché non abbiamo ricevuto notizie d'oltroceano. Ganimard era già qui! E ha mantenuto segreta la sua presenza."

"Pensate che arresterà Arsenio Lupin?"

"Chi può dirlo? Quando si tratta di Arsenio Lupin, può accadere qualsiasi imprevisto."

"Oh!", esclamò con quella morbosa curiosità tipica delle donne, "A me non dispiacerebbe affatto vederlo arrestare."

"Dovrete pazientare. Senza dubbio Arsenio Lupin si sarà già accorto del suo nemico e non avrà alcuna fretta di abbandonare il piroscafo."

I passeggeri erano ora intenti a scendere dalla nave. Poggiato al suo ombrello, l'aria indifferente, Ganimard sembrava non prestare attenzione alla folla che si affrettava sulla passerella. Il marchese de' Raverdan, il maggiore Rawson, Rivolta l'italiano e molti altri avevano già lasciato la nave, quando apparse Rozaine. Povero Rozaine!

"Forse in fin dei conti è davvero lui", esitò la signorina Nelly. "Cosa ne pensate?"

"Penso che sarebbe interessante immortalare Ganimard e Rozaine nella stessa fotografia. Prendete la macchina fotografica. Io sono estremamente zavorrato."

Le porsi la macchina, ma era troppo tardi perché potesse usarla; Rozaine aveva già superato l'investigatore. Un agente americano, in piedi dietro Ganimard, si sporse verso quest'ultimo e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. L'investigatore francese si strinse nelle spalle e lasciò passare Rozaine. Ma allora, sant'iddio, chi era Arsenio Lupin?

"Già", aggiunse a gran voce la signorina Nelly, "chi mai può essere?"

A bordo non restavano che una ventina di persone. Le analizzò una a una, temendo che Arsenio Lupin non fosse tra esse.

"Non possiamo trattenerci a lungo", le dissi.

Si avviò verso la passerella. La seguii. Ma dopo appena qualche passo, Ganimard ci si parò davanti, sbarrandoci il passaggio.

"Ebbene, di cosa si tratta?", domandai.

"Un moment, monsieur. Avete fretta?"

"Sto accompagnando la signorina."

"Un moment", ripeté, con maggiore autorevolezza. Poi, scrutando nei miei occhi, disse:

"Arsenio Lupin, giusto?"

Risi di gusto, poi lo corressi: "No, sono solo Bernard d'Andrézy."

"Bernard d'Andrézy è morto tre anni fa in Macedonia."

"Se fosse davvero morto, non mi troverei qui. Dovete sbagliarvi. Ecco i miei documenti."

"Sono effettivamente i suoi, e posso dirvi esattamente come ne siete entrato in possesso."

"Voi delirate!", esclamai. "Arsenio Lupin era a bordo sotto un falso nome che comincia per 'R'.

"Certo, un altro dei vostri trucchetti; una falsa pista per depistarli al porto di Le Havre. Siete bravo, ragazzo mio, ma stavolta la fortuna non vi assiste."

Esitai per un istante. Poi mi colpì con forza sul braccio destro, e mi lasciai sfuggire un grido di dolore. Aveva colpito esattamente il punto della ferita, non ancora rimarginata, menzionata nel telegramma.

Non potevo far altro che arrendermi. Non v'erano alternative. Mi rivolsi verso la signorina Nelly, che aveva assistito alla scena. I nostri sguardi si incrociarono, poi gettò un'occhiata alla Kodak che le avevo porto, e mi rivolse un gesto che lasciava a intendere che aveva capito tutto. Proprio così: tra le pieghe a soffietto del cuoio nero, nella cavità centrale del minuto dispositivo che le avevo lasciato in custodia prima che Ganimard mi arrestasse, avevo nascosto i ventimila franchi di Rozaine nonché le perle e i diamanti della signora Jerland.

Oh! Giuro che in quel solenne momento, stretto nella morsa di Ganimard e dei suoi due assistenti, tutto mi era indifferente: il mio arresto, l'ostilità degli astanti, tutto; fuorché un'unica domanda. "Cos'avrebbe fatto la signorina Nelly dell'oggetto che le avevo affidato?"

In mancanza della refurtiva che mi avrebbe inchiodato al misfatto, non avevo nulla da temere, ma la signorina Nelly avrebbe potuto decidere di fornire le prove e accusarmi. Mi avrebbe tradito? Avrebbe recitato la parte del nemico che serba rancore, o quello della donna il cui sdegno era ammorbidito da sentimenti di indulgenza e involontaria solidarietà?

Mi passò davanti. Non dissi nulla, ma mi prostrai in un profondo inchino. Mescolandosi agli altri passeggeri, raggiunse la passerella tenendo tra le mani la mia Kodak. Venni colto dal pensiero che avrebbe potuto trattenersi dallo smascherarmi pubblicamente, per poi farlo soltanto in un secondo momento, in maniera più discreta. Tuttavia, percorsi appena pochi metri sulla passerella, con dissimulata sbadataggine, fece cadere la macchina fotografica nel tratto d'acqua tra l'imbarcazione e il molo. Poi proseguì, scese a terra e presto si confuse tra la folla. Fu così che uscì dalla mia vita, per sempre.

Per un istante, rimasi attonito. Poi, con gran sorpresa di Ganimard, mormorai:

"È proprio un peccato ch'io non sia un uomo onesto!"

E questa è la storia dell'arresto che Arsenio Lupin in persona mi confidò. I vari inconvenienti occorsi, che prima o poi raccoglierò per iscritto, servirono a stabilire tra noi un qual certo legame di... potrei forse dire "amicizia"?

Sì, voglio credere che Arsenio Lupin abbia voluto onorarmi della sua amicizia, ed è per tale motivo che di tanto in tanto mi contatta, e porta nel silenzio della mia biblioteca i suoi giovanili eccessi di spirito, il suo entusiasmo contagioso e l'allegria di un uomo cui il destino non serba che favore e sorrisi. Quale sia il suo aspetto? Se sia in grado di descriverlo? L'avrò veduto una ventina di volte, e ogni volta era una persona completamente diversa. Una volta fu proprio lui a dirmi: "Non so più chi sono. Non riesco più a riconoscermi nello specchio." Certo, era un grande attore, e possedeva un talento innato per i travestimenti. Senza il benché minimo sforzo, era in grado di assumere voce, gestualità e atteggiamenti di un'altra persona.

"Perché", mi spiegò, "non mantengo identità e caratteristiche specifiche? Perché non preferisco la tranquillità che deriva da una personalità sempre costante? Sono le mie azioni a definirmi."

Poi aggiunse, con una punta d'orgoglio:

"È un onore sapere che nessuno possa dire con assoluta certezza: 'Quello è Arsenio Lupin!'. L'importante è che la gente possa indicare le mie azioni e affermare, senz'ombra di dubbio: 'Quella è opera di Arsenio Lupin!'."

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